Saturday, March 27, 2010

Escape’s landscape.

Non Domandarci la formula

che mondi possa aprirti

(E. Montale)


Potrebbero esser inserite all’interno della lunga e consolidata tradizione Italiana di ricerca sul paesaggio.

Però non c’è alcun tentativo di documentare la realtà (ne esiste forse sola una ?) o di offrir un nuovo sguardo sulla natura.

Pur utilizzando fotografie si stacca da questa tradizione.

E’ uno stacco inevitabile dovuto non solo al medium, ma alla stessa visione proposta.

Quella offerta sarà allora una realtà dove conclamate antinomie come quella luogo - non luogo non hanno più senso: è , secondo le sue stesse parole, un’ Arcadia postatomica .

Un’Arcadia che, a prima vista, sembra non aver più niente di quell’ “Età dell’oro” che Virgilio ha cantato nelle sue Bucoliche.

Questi luoghi però sprigionano lentamente il loro fascino fino a quando un paesaggio che prima sembrava respingerci ci risucchia al suo interno .

Ad un certo punto infatti le immagini cominciano a specchiarsi e a confondersi tra di loro in un gioco di simmetrie eccentriche.

Il vortice ottico ci trascina dentro di sè e noi ,come bambini davanti alle scintille di una saldatura , rimaniamo ipnotizzati di fronte alla compenetrazione dei fotogrammi che scorrono.

Più che waste lands alla Thomas Eliot, questi sono paesaggi della fuga.

Una fuga piena di incertezza di fronte alla possibilità/libertà di scelta che, come ci insegna Søren Kierkegaard, si può tramutare in angoscia .

Ma, come davanti a una serie di porte chiuse, l’artista sa già che il suo compito è solo quello di aprirne una.

La sua decisione non sta nello scegliere la porta giusta, ma nell’accettare il rischio di andare avanti.








Infinity, video loop, Skopje Biennial 09

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